Salvare il salvabile, ma soprattutto la vita e il futuro dei propri figli. E’ l’intenzione che si legge in faccia ai profughi che stanno attraversando i Balcani diretti verso Germania e l’Europa del nord.
La Slovenia è l’ultima tappa della cosiddetta “rotta balcanica” dei profughi, e ne è anche il suo anello più debole. Con 2 milioni di abitanti, il paese ha meno della metà della capacità ricettiva e di assistenza umanitaria di Serbia, Croazia e Ungheria, ma la massa di profughi che la attraversa è esattamente la stessa.
Tuttavia qualcosa è cambiato anche per la Slovenia. L’intransigenza dei primi giorni nel limitare l’ondata dei disperati si è scontrata con la dura realtà che non c’è alcun modo accettabile per fermarla.
Sulla direttrice Rigonce – Dobova – Brežice, le autorità slovene hanno messo in campo Protezione Civile, Croce Rossa, Vigili del Fuoco, Polizia, Esercito, servizi sociali, sanitari, comunali, associazioni di beneficenza e volontariato: tutto. Non basta, ma è quello che la Slovenia da sola può fare, mentre agli alti livelli si continua a litigare con Croazia e Austria, minacciare barriere ai confini interni dell’Unione Europea.
Martedì l’annuncio dell’accordo “euro-balcanico”. Prevede l’invio del personale Frontex sui confini esterni dell’UE, e su quello serbo-macedone, e un maggiore coordinamento tra Serbia, Croazia, Slovenia e Austria. Soprattutto, a beneficio della Slovenia (e dei profughi), si inizia a far arrivare i rifugiati con i treni dalla Croazia, direttamente alla stazione di Dobova, e poi sù verso l’Austria.
Ma sul valico sloveno-austriaco di Šentilj un nuovo intoppo: le autorità austriache fanno passare i rifugiati con il contagocce. Famiglie con bambini sono costrette a estenuanti attese sedute nel fango e al freddo. Un tentativo di sfondamento da parte dei profughi in Austria è stato respinto dalla polizia austriaca e slovena con le manganellate.
Intanto i profughi arrivano, e si ammassano. Si tratta per lo più di famiglie siriane ed irachene, e giovani afghani e iraniani. I bambini sono veramente tanti, i più piccoli in spalla ai genitori, quelli già cresciuti trascinati per mano, quelli ancora più grandicelli portano il loro carico di borse, zaini e coperte.
Che sia gente innocua lo sanno i poliziotti sloveni che insieme ai soldati dell’esercito sloveno (in assetto da combattimento, con elmetto e fucile) per giorni li hanno scortati a gruppi di alcune migliaia da Rigonce, verso i due campi di profughi di Dobova. Strutture che vengono costantemente riempite e svuotate, e spesso finiscono il cibo, i vestiti e le coperte. Per questo i gruppi di profughi, fatti passare per le campagne, per non arrecare disturbo alla popolazione locale e alla viabilità, spesso rimangono fermi tra i campi agricoli per alcune ore.
Adulti seduti per terra ad annoiarsi circondati da forze dell’ordine e giornalisti, gli unici a potersi muovere liberamente sono i bambini. A loro basta poco, un sasso da lanciare, un po’ di spazio per correre, un ciuffo d’erba in cui scoprire un universo magico che solo i bambini sanno. Basta poco per sorridere. E nel vederli sorridenti, anche i genitori, stanchissimi e infreddoliti, tirano un sospiro di sollievo: “Siamo salvi, siamo scappati alla guerra”.
(foto © Miloš Malinić)
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